domenica 30 marzo 2014

Il mercato del lusso, questo Robin Hood che mette tutti d'accordo

Questo post è apparentemente in contraddizione col pensiero comune di QdVN stesso e di tutti gli altri blog dedicati ai limiti dello sviluppo, tuttavia i risultati che saranno di seguito esposti sono comprovati dalla storia, dai fatti e dalla pura logica.

In principio fu il Comunismo, questa aberrazione dell'umanità perché sopprimeva il sacro Individualismo, biblicamente conosciuto come libero arbitrio, diritto che neppure Dio volle negarci (giacché, senza questo diritto inalienabile, non si può capire chi è buono e chi è cattivo, cioè chi sta da quale parte). Questa terribile ideologia, dunque, negava la possibilità di ricompensa proporzionata al merito e all'iniziativa personale; lo negava in base al principio secondo cui "tutti devono avere ciò di cui hanno bisogno, e ciascuno deve dare secondo la proprie possibilità". Entrambe queste affermazioni sono però molto opinabili perché chiunque potrebbe affermare, ad esempio, di aver bisogno di girare in Ferrari per rafforzare la propria autostima, oppure potrebbe sostenere di non essere adatto a nessun tipo di lavoro in quanto sofferente di qualche tipo di depressione.

La mancanza di qualsiasi riconoscimento economico per le proprie capacità ed il proprio impegno, alla fine, deresponsabilizza, e chi può marca visita. Alla fine il Comunismo regge tuttalpiù qualche decina d'anni se drogato da una buona dose di patriottismo. Non a caso, gloriose culture millenarie sono state annientate dall'appiattimento bolscevico; prima fra tutte quella cinese.

Dall'altra parte abbiamo quindi il Capitalismo. Esso non è neppure contrario al Cristianesimo, stando alla direttiva del buon Gesù di dare a Cesare ciò che è di Cesare, tuttavia esso presenta un piccolo problema tecnico: la moneta circolante ed i capitali tendono ad accumularsi nelle mani di pochi soggetti, i capitalisti appunto.

Si potrebbe quindi stampare altra moneta e riversarla a pioggia sulla gente usandola per finanziare nuove opere pubbliche. Ma anche questa nuova moneta, per gli stessi motivi, si addensa nei ricchi deppositi bancari dei soliti capitalisti. E così all'infinito, fino a che un centesimo della popolazione mondiale possiede capitali sufficienti a comprare 10 mondi, salvo poi accorgersi che il mondo è uno solo.

A questo punto, allora, viene spontaneo dire che, per bloccare tale processo di accumulo infinito,  si potrebbe interrompere la stampa di nuova moneta; ma anche in questo modo l'accumulo continuerebbe, paradossalmente, fino a quando non ci fosse più abbastanza moneta circolante in grado di permettere di fare altro "business". In altre parole, l'economia reale, ormai anemica perché non girano più soldi, non consentirebbe più ai soliti capitalisti di fare altri investimenti che li porti a riscuotere altri interessi ed accumulare ulteriori capitali. E così ci si troverebbe con ingenti capitali nelle mani di pochi mentre, là fuori, la gente sarebbe ridotta a rattopparsi le scarpe. Questo è, in verità, il trend degli ultimi 6/7 anni.

Bisognerebbe quindi convincere i capitalisti a reimmettere liquidità nell'economia reale. Sarebbe bello che lo facessero spontaneanente per beneficienza, ma alla fine sempre soldi loro sono! E sono proprio quei soldi che gli permettono di distiguersi in mezzo agli altri e di stare al di sopra degli altri. Pensiamoci bene: nessun problema per arrivare a fine mese, casa al mare e in montagna acquistata in contanti, parco auto di soli SUV, 2/3 vacanze esotiche all'anno, cena di pesce al ristorantino esclusivo nel fine settimana, etc etc. E tutto questo mentre gli altri ripiegano al discount per risparmiare 10 cent sul pacchetto di pasta. Grandi soddisfazioni!

D'altra parte è un diritto dei ricchi quello di fare la bella vita, perché i soldi sono loro (salvo che siano ladri di qualche tipo, ovviamente), e ne fanno ciò che gli pare! Casomai, un giorno, dovranno risponderne difronte a Dio.

Ecco allora che, se i ricchi vanno al ristorantino, contribuiscono a ridistribuire soldi agli operatori della ristorazione, se acquistano la casa al mare e in montagna sostengono l'edilizia, se fanno vacanze esotiche contribuiscono a dare uno stipendio ad operatori turistici / piloti d'aereo / hostes / ristoratori dei paesi di destinazione / animatori dei villaggi turistici e così via. Anche il mercato dei SUV dà lavoro agli operai di Porsche, BMW, Audi, Volkswagen, peccato che l'abbiano capito solo i tedeschi.

In buona sostanza il mercato del lusso / superfluo / non plus ultra, costituisce l'unico espediente che possa "estorcere spontaneamente" ingenti capitali ai capitalisti. D'altro canto, braccare i più facoltosi per mezzo di redditometri e tasse patrimoniali varie è sostanzialmente deletereo perché non fa altro che spingere i ricchi a godersi i soldi altrove, dove non sono perseguitati dal fisco. In questo modo non contribuiranno mai, o solo in piccola parte, alla tenuta dell'economia nazionale.

In conclusione è inutile ricercare la crescita a tutti i costi, se la Terra non è in grado di sostenerla, ma è altresì sciocco parlare di decrescita felice, perché imporre a chicchessia di vivere col minimo necessario equivale, piaccia oppure no, a parlare di comunismo. L'economia faccia come le pare, cresca o decresca pure in funzione della capacità dell'umanità di ricavarsi nuovi spazi in modo sostenibile, ma per favore non bracchiamo i ricchi e lasciamo che si tolgano qualche sfizio. Questo, fino a prova contraria, è l'unico modo pacifico e non invasivo per togliere effettivamente ai ricchi e ridare ai poveri, proprio come faceva Robin Hood.

domenica 23 febbraio 2014

La TAV, un capro espiatorio a caso



La vita sulla Terra continua, nonostante la crisi col suo strascico di suicidi, nonostante il susseguirsi di governi più o meno tecnici, nonostante il credit crunch, nonostante la disoccupazione irrecuperabile, nonostante tempeste perfette ed alluvioni senza precedenti. Facciamocene una ragione: la vita continua nonostante tutto, a meno che non si ritorni all'Età della Pietra, ma speriamo che questo non accada mai, poiché l'inferno non giova a nessuno, neppure al più insulso e patetico dei perdenti.

Dicevamo allora, la vita continua, e con essa la cementificazione e le opere pubbliche, per quanto la carenza di risorse economiche e di materie prime lo possa permettere. E' quindi curioso questo fenomeno di accanimento di sedicenti ambientalisti contro una sola opera pubblica in particolare. Perché proprio la TAV? Noi di QdVN non vogliamo proprio crederci che non ci siano altre opere monumentali in giro per l'Italia su cui infierire, anch'esse caratterizzate da una dubbia utilità.

E poi, quanto tempo hanno da perdere queste persone che vanno in giro a sabotare cantieri, a sbeffeggiare gli encomiabili celerini, ed a imbrattare i muri? Diciamocelo, hanno tutto il tempo di cui dispone chi non ha niente, ma proprio niente, da fare. Sicuramente non hanno neppure le pulizie di casa una volta alla settimana.

Eh già, perché se uno deve lavorare, fare la spesa alla sera, portare i bambini a scuola, fare le pulizie di casa ed anche un pò di bricolage, oppure studiare e dare esami difficili con voti dignitosi per avere maggiori possibilità di trovare un impiego dopo la laurea/diploma, SICURAMENTE non avrà mai tempo né per andare a manifestare in piazza contro un'opera pubblica inquinante e cementizia come tante altre, né per fare sabotaggi di qualsiasi tipo.

Ecco svelato l'arcano. Tutti questi che protestano sono persone che nella vita non hanno mai avuto e non avranno mai una vera famiglia, dei veri affetti, o qualcosa di proprio da costruire. Sono in sostanza dei falliti, ovvero persone frustrate e turbate che 1) vogliono darsi un certo tono millantando di essere impegnate in qualche improbabile battaglia ambientalistica/sociale, e 2) odiano il mondo che non gli a concesso la possibilità di vivere una vita normale, con una famiglia normale, un lavoro normale (ma questo è colpa loro, anche se non se ne rendono conto), una casa col solito mutuo da pagare per trent'anni, una/uno mogliettina/maritino devota/o, 2/3 figli da accudire etc etc.

Odiano il sistema, quindi tutto ciò che li circonda e che non sia il solito centro sociale o i compagni di spinello/bevuta. Invece le persone che realmente protestano per i propri diritti, o perché sia ristabilito un qualche tipo di giustizia, sono ad esempio quelle che hanno manifestato per le strade di Kiev, od in Venezuela, NON sono certo quei facinorosi che ingaggiano atti di guerriglia urbana per protestare contro la TAV.

Trattasi in questo caso di persone cariche di odio, che hanno bisogno di un capro espiatorio su cui fare violenza gratuita per sentirsi qualcuno. Rapinassero le banche, e si tenessero i soldi per acquistare un ristorante in qualche luogo sperduto del Messico, sarebbero più rispettabili. Invece fanno danni per non giovare neppure a sè stessi; è proprio questo che risulta molto irritante! Si può "accettare" la violenza motivata dall'opportunismo o dall'interesse personale, o anche dal semplice sadismo, ma una cosa veramente inconcepibile è l'ipocrisia di certi gruppi di persone che convengono su un un unico capro espiatorio, preso a caso, per darsi una scusa nobile che gli consenta di esercitare violenza (fra l'altro anonimamente) senza sentirsi in colpa, andandone anzi fieri.

Un aspetto bizzarro è allora proprio il fatto che tutto questo popolino bue di anarco vattelapesca insurrezionalisti informali, o di ambientalisti pank bestia, o di ribelli contro il sistema (quale?), riesca a convenire come d'incanto su un unico capro espiatorio, come se si fossero messi d'accordo a priori, magari per telefono o mail o twitter o altro social network. Questo fenomeno però, secondo noi, rientra nella fenomenologia delle "mode"; esso è in parte avvolto dal mistero e, similmente ad altri misteri della storia, come la costruzione delle piramidi egizie o i cerchi nel grano, è giusto che rimanga tale, se non altro per rendere l'argomento un pò più interessante, ed un pò meno irritante.

domenica 5 gennaio 2014

Il picco petrolifero e quella strana giustizia del debito sovrano

E' da poco iniziato il 2014. A quest'ora, secondo le previsioni più cupe di alcuni cultori della catastrofe, si dovrebbe essere già in una situazione da "si salvi chi può", con governi allo sbando, servizi sanitari ridotti al minimo, pompe di benzina a secco, blackout diffusi sulle reti elettriche e quant'altro da fine dei tempi. Lo staff di QdVN non crede, anzi non vuole credere, in un tale tragico epilogo; se ci credesse, non avrebbe avuto senso scrivere QdVN stesso, sarebbe stato piuttosto più sensato fare scorta di gasolio, legna e razioni kappa, non vi pare? Fermo restando che la catastrofe potrebbe essere solo rimandata, abbiamo allora due notizie, una buona ed una cattiva.

Quella buona è proprio che la catastrofe può aspettare, e in qualche modo potrebbe non arrivare mai, a patto naturalmente che non consideriamo una catastrofe la perdita di milioni di posti di lavoro ed il logoramento continuo del potere d'acquisto dei salari. Quella cattiva è che il picco petrolifero è reale e ci siamo dentro fino al collo. Senza addentrarci in una noiosa disamina sul bilancio dell'estrazione petrolifera e carbonifera planetaria, guardiamo un pò, nella pratica, come anche la situazione di Grecia ed Italia in questi ultimi mesi ci suggerisca che il picco ha ormai avuto luogo qualche anno fa, e più precisamente attorno al 2008. Innanzitutto, chiedetelo a qualsiasi imprenditore sopravissuto che oggi cerca di destreggiarsi fra Equitalia e le banche: fino al 2007 di guadagnava ALLA GRANDE. Si consideri poi che il picco petrolifero, di per sè, non consiste in un'interruzione improvvisa e totale delle forniture di petrolio, ma in una sempre minore estrazione di petrolio di facile raffinazione.

Per iniziare: della Grecia non si sente più parlare, non si vedono più tafferugli e guerriglia urbana per le strade di Atene; poi la Grecia, come Stato, non è ancora fallita, anche se ci è mancato poco. Significa che là si è sistemato tutto e sta iniziando una qualche ripresa? In effetti si è sistemato in qualche modo il bilancio dello Stato, ma la vita di migliaia di nuovi disoccupati è rovinata, visto che non riusciranno a trovare altro posto di lavoro. Anche la Grecia insomma consuma di meno perché aumenta la porzione di popolazione che, non avendo più uno stipendio, non può consumare, e nel frattempo, chi ha ancora la fortuna di tirare uno stipendio, vede sempre più logorato il proprio potere d'acquisto.

La realtà è che, in linea di principio, nessuno stato può fallire finché c'è anche un solo contribuente che continua a pagare puntualmente le tasse. Difatti, se per assurdo questo accadesse, sempre in linea teorica, il debito di quel paese potrebbe comunque essere rinegoziato per venire ripagato attraverso un "comodo" mutuo di qualche centinaio di anni. Naturalmente alla morte/pensionamento del povero contribuente puntuale (che significa lavoratore dipendente o piccola azienda vessata dal fisco, ndr), sono i figli a proseguire il pagamento del debito.

Nella sostanza, il debito di qualsiasi Paese può sempre essere rinegoziato spalmandolo sulle future generazioni, purché la sua popolazione non sia destinata ad una estinzione di massa ed il Paese stesso non si ritrovi un giorno senza neppure un contribuente puntuale. Proprio il fatto di ritrovarsi senza neppure un contribuente puntuale è escluso a priori perché significherebbe ritornare all'Età della Pietra, oppure cadere nell'anarchia, che forse è la stessa cosa.

E così anche in Italia, mentre il Governo gongola per lo spread sotto i 200 punti base grazie ad anni di pressione fiscale da suicidio, diverse statistiche lamentano una disoccupazione giovanile esplosiva, la tassazione abnorme a cui è sottoposto il lavoro dipendente, e la crescita di tariffe e bollette in generale. Anche l'Italia insomma è un Paese che ha sempre consumato molto, e contiene ancora al suo interno ampie sacche di scarsa/inesistente produttività, come accadeva alla Grecia. E' un paese che ha sempre contribuito attivamente a dilapidare milioni di barili di petrolio, vivendo al di sopra delle proprie possibilità, ed indebitandosi a dismisura, disperdendo denari in opere pubbliche incompiute, stipendi d'oro, baby-pensionamenti, finanziamenti alla politica e quant'altro di inutile si possa immaginare.

Doppo il picco petrolifero non si praticano più sconti a nessuno; proprio questo è ciò che permette di risparmiare milioni di barili di petrolio al giorno, in quanto si impedisce a Paesi poco (o per nulla) virtuosi come l'Italia di consumare ciò che non meritano di consumare. Per ottenere tale risultato si lavora sulla morsa del debito sovrano che comporta, a sua volta, sovratassazione e quindi abbattimento dei consumi in linea col calo di disponibilità di materie prime.

Sembrerebbe esserci una sorta di giustizia divina in questo stritolamento di alcuni Paesi, salvo poi accorgersi che, secondo il giochino del dilazionamento del debito, a pagare devono essere sempre i soliti, ovvero i contribuenti puntuali... e la loro discendenza, naturalmente.