domenica 19 settembre 2010

C'era una volta l'uranio


Dai Simpsons: tutti felici grazie all'amico uranio.

"Noi non abbiamo il nucleare, le altre economie con cui competiamo lo hanno. Se avessimo il nucleare, avremmo un pil diverso, sarebbe più facile crescere come gli altri paesi


Giulio Tremonti, ministro dell'Economia Italiana
Ebbene, allora se la mettiamo così, alla voce "uranio", Wikipedia recita quanto segue:
"...il prezzo dell'uranio sul mercato mondiale ha subìto una forte impennata, passando dai 7 $/lb del 2001 al picco di 135 $/lb del 2007. Al 2001 il prezzo del dell'uranio incideva per il 5-7% sul totale dei costi riguardanti la produzione di energia nucleare. Secondo dati della WNA, a gennaio 2010, con uranio a 115 $/lb e considerandolo sfruttato da reattori attualmente in funzione, questo incide per circa il 40% sul costo del combustibile, che incide per circa 0.71c$ sul costo di generazione di ogni kWh”.
Queste cifre si commentano da sole. Nella pagina relativa vi sono tutti i riferimenti alle fonti da cui sono state estrapolate queste statistiche.
Ora, nella migliore delle ipotesi, anche se si iniziasse a costruire la prima centrale nucleare oggi stesso, essa verrebbe pronta all'utilizzo verso il 2020. Nel frattempo i paesi produttori di uranio, dovendo far fronte alla carenza di combustibili fossili normalmente impiegati nella produzione di energia elettrica (in particolare gas naturale, GPL e carbone), aumenteranno notevolmente lo sfruttamento dell'energia nucleare. Con ogni probabilità, per il periodo del 2020, l'uranio avrà raggiunto costi improponibili per qualsiasi paese importatore, sempre che qualcuno dei paesi produttori sia ancora disposto a venderlo. A tal proposito ricordo che, nel caso non si sapesse, l'Italia NON DISPONE di giacimenti significativi di uranio.
Di conseguenza, a prescindere da qualsiasi ideologia ambientalistica, si comprende quanto sia ormai tardi per costruire nuovi impianti nucleari, visto che al termine della loro realizzazione non vi sarà più disponibilità della materia prima con cui farli funzionare, almeno per un paese malandato come l'Italia.
Considerato allora che il presente governo è sicuramente al corrente di questo fatto, si evince logicamente che la volontà di costruire nuovi impianti nucleari è soltanto UNO SPECCHIO PER LE ALLODOLE. Essa non serve ad altro che trasmettere all'opinione pubblica il seguente messaggio: "Adesso siamo in deficit energetico e il nostro Paese non è competitivo, però vedrete quando avremo le NOSTRE centrali nucleari, allora sì che faremo scintille !!". Ed infatti le scintille saranno quelle emesse dagli accendini della povera gente per accendersi un cerino nelle notti di black-out.
Ma il 2020 è lontano, questo non sarà più problema degli attuali governanti, che nel frattempo si saranno dileguati nel nulla. Non sarà di certo un problema per Tremonti, che probabilmente a quel tempo passerà le giornate a crogiolarsi comodamente al sole nella piscina di qualche villa ad Hammamet, magari pensando con un velo di nostalgia ai bei vecchi tempi in cui si faceva pagare a peso d'oro per proferire un mare di cazzate sciocchezze.

sabato 11 settembre 2010

Il ballo del mattone, un evergreen per tutte le stagioni




Qualche giorno fa è stata acclamata da tutti i media un'evidente "ripartenza" del mercato immobiliare in Italia (+2,3% annuo), a dispetto di molti altri indicatori economici apparentemente in contrasto con la crescita stessa dell'industria edilizia, fra cui il calo dell'occupazione, il calo della natalità e dei matrimoni, il calo del potere d'acquisto del lavoro dipendente, il calo di molte altre cose... Di questo mistero dell'economia italiana contemporanea, allora, ho cercato di farmene una ragione anch'io, e sono giunto alla seguente banale conclusione: le cose hanno il valore che noi gli attribuiamo, anche se, dal lato pratico, non servono assolutamente A NULLA.

Ad esempio, una banconota da 100 € è solo un pezzo di carta, ben disegnato ma è pur sempre un pezzo di carta. Con essa, per ipotesi, acquistiamo all'Iper una quantità di generi alimentari sufficiente al fabbisogno di due persone per una settimana. In sostanza, con l'atto del pagamento, confermiamo che, secondo noi, quel pezzo di carta vale ALMENO quanto tutta la quantità di alimenti che ci portiamo a casa. Eppure non è stata la banconota a coltivare l'insalata o a mungere le vacche per ottenere i tre litri di latte che abbiamo infilato nella busta della spesa; piuttosto è stato IL DURO LAVORO del contadino/allevatore a permetterci di avere, fisicamente, verdure e latticini di vario genere.

Chiaramente è indispensabile che tutti noi continuiamo ad attribuire alle banconote il loro valore convenzionale perché, se così non fosse, dovremmo ricorrere al baratto. Analogamente, il valore che attribuiamo agli immobili è dovuto a qualcosa di molto simile ad una convenzione, ovvero alla CONVINZIONE (cambia solo una lettera) che "il mattone sia un investimento sicuro" per il futuro. Questo naturalmente è retaggio del boom economico anni 50/60/70.

Allora non si costruiscono solo case per la semplice necessità di abitare, come effettivamente dovrebbe essere, ma se ne costruiscono tante di più a scopo di investimento, generalmente per ricavarne una certa rendita da affitto e successivamente venderle ad un costo che tenga conto dell'inflazione.

In sostanza, chi investe nel mattone vede le sue nuove costruzioni come depositi bancari che nel tempo fruttano interessi e non risentono di alcun rischio di default. Soprattutto col sospetto per i rischi di crack che si è diffuso con la crisi (si vedano il caso Lehman Brothers e successivi) la gente che ha soldi da investire (o buttare) SI FIDA DI PIU' DEL MATTONE; è questo movente che sta guidando il rilancio dell'industria immobiliare in Italia.

Peccato che poi tante case rimangano sfitte o invendute; alla fine, visto che il bisogno di abitare non cresce perché non cresce la popolazione (e neppure le sue possibilità economiche), il mercato immobiliare è sostenuto esclusivamente da quelle stesse persone che investono in immobili e che si scambiano tonnellate di mattoni fra di loro; come al solito, siamo davanti ad UNA BOLLA SPECULATIVA CHE ALIMENTA SE' STESSA.

Se ci può consolare, questa bolla continua a sostenere l'industria edilizia con conseguente ricaduta positiva sull'occupazione. Ma, purtroppo, il duro risveglio arriva inesorabile: dopo che molte case saranno rimaste sfitte o invendute per decenni, molti porprietari inizieranno a porsi qualche dubbio sulla bontà dei loro investimenti. In quel frangente, queste persone rimpiangeranno di non aver investito i propri risparmi in quelle banche che, essendosi tenute alla larga dal mercato immobiliare, nel frattempo non saranno cadute in default.