E' da poco iniziato il 2014. A quest'ora, secondo le previsioni più
cupe di alcuni cultori della catastrofe, si dovrebbe essere già in una
situazione da "si salvi chi può", con governi allo sbando,
servizi sanitari ridotti al minimo, pompe di benzina a secco, blackout
diffusi sulle reti elettriche e quant'altro da fine dei tempi. Lo
staff di QdVN non crede, anzi non vuole credere, in un tale tragico
epilogo; se ci credesse, non avrebbe avuto senso scrivere QdVN stesso,
sarebbe stato piuttosto più sensato fare scorta di gasolio, legna e
razioni kappa, non vi pare? Fermo restando che la catastrofe potrebbe
essere solo rimandata, abbiamo allora due notizie, una buona ed una
cattiva.
Quella buona è proprio che la catastrofe può aspettare, e
in qualche modo potrebbe non arrivare mai, a patto naturalmente che non
consideriamo una catastrofe la perdita di milioni di posti di lavoro ed
il logoramento continuo del potere d'acquisto dei salari. Quella
cattiva è che il picco petrolifero è reale e ci siamo dentro fino al
collo. Senza addentrarci in una noiosa disamina sul bilancio
dell'estrazione petrolifera e carbonifera planetaria, guardiamo un pò,
nella pratica, come anche la situazione di Grecia ed Italia in questi
ultimi mesi ci suggerisca che il picco ha ormai avuto luogo qualche anno
fa, e più precisamente attorno al 2008. Innanzitutto, chiedetelo a
qualsiasi imprenditore sopravissuto che oggi cerca di destreggiarsi fra
Equitalia e le banche: fino al 2007 di guadagnava ALLA GRANDE. Si
consideri poi che il picco petrolifero, di per sè, non consiste in
un'interruzione improvvisa e totale delle forniture di petrolio, ma in
una sempre minore estrazione di petrolio di facile raffinazione.
Per
iniziare: della Grecia non si sente più parlare, non si vedono più
tafferugli e guerriglia urbana per le strade di Atene; poi la Grecia,
come Stato, non è ancora fallita, anche se ci è mancato poco. Significa
che là si è sistemato tutto e sta iniziando una qualche ripresa? In
effetti si è sistemato in qualche modo il bilancio dello Stato, ma la
vita di migliaia di nuovi disoccupati è rovinata, visto che non
riusciranno a trovare altro posto di lavoro. Anche la Grecia insomma
consuma di meno perché aumenta la porzione di popolazione che, non
avendo più uno stipendio, non può consumare, e nel frattempo, chi ha
ancora la fortuna di tirare uno stipendio, vede sempre più logorato il
proprio potere d'acquisto.
La realtà è che, in linea di principio, nessuno stato può fallire finché c'è anche un solo contribuente che continua a pagare puntualmente le tasse.
Difatti, se per assurdo questo accadesse, sempre in linea teorica, il
debito di quel paese potrebbe comunque essere rinegoziato per venire
ripagato attraverso un "comodo" mutuo di qualche centinaio di anni.
Naturalmente alla morte/pensionamento del povero contribuente puntuale
(che significa lavoratore dipendente o piccola azienda vessata dal
fisco, ndr), sono i figli a proseguire il pagamento del debito.
Nella
sostanza, il debito di qualsiasi Paese può sempre essere rinegoziato
spalmandolo sulle future generazioni, purché la sua popolazione non sia
destinata ad una estinzione di massa ed il Paese stesso non si ritrovi
un giorno senza neppure un contribuente puntuale. Proprio il fatto di
ritrovarsi senza neppure un contribuente puntuale è escluso a priori
perché significherebbe ritornare all'Età della Pietra, oppure cadere
nell'anarchia, che forse è la stessa cosa.
E così anche in Italia, mentre il Governo gongola per lo spread sotto i 200 punti base grazie ad anni di pressione fiscale da suicidio, diverse statistiche lamentano una disoccupazione giovanile esplosiva, la tassazione abnorme a cui è sottoposto il lavoro dipendente, e la crescita di tariffe e bollette in generale.
Anche l'Italia insomma è un Paese che ha sempre consumato molto, e contiene ancora al suo
interno ampie sacche di scarsa/inesistente produttività, come accadeva
alla Grecia. E' un paese che ha sempre contribuito attivamente a
dilapidare milioni di barili di petrolio, vivendo al di sopra delle
proprie possibilità, ed indebitandosi a dismisura, disperdendo denari in
opere pubbliche incompiute, stipendi d'oro, baby-pensionamenti,
finanziamenti alla politica e quant'altro di inutile si possa
immaginare.
Doppo il picco petrolifero non si praticano più sconti
a nessuno; proprio questo è ciò che permette di risparmiare milioni di
barili di petrolio al giorno, in quanto si impedisce a Paesi poco (o per nulla)
virtuosi come l'Italia di consumare ciò che non meritano di consumare. Per ottenere
tale risultato si lavora sulla morsa del debito sovrano che comporta, a
sua volta, sovratassazione e quindi abbattimento dei consumi in linea
col calo di disponibilità di materie prime.
Sembrerebbe esserci
una sorta di giustizia divina in questo stritolamento di alcuni Paesi,
salvo poi accorgersi che, secondo il giochino del dilazionamento del
debito, a pagare devono essere sempre i soliti, ovvero i contribuenti
puntuali... e la loro discendenza, naturalmente.