mercoledì 6 aprile 2016

Quella vena di crudeltà che diventa depravazione

Una persona, quando è appena nata, è solo un piccolo esserino che mangia, dorme e fa la cacca; e va avanti così per diversi mesi. Ogni tanto apre gli occhioni scuri e guarda spaesato quelle figure che gli girano attorno ammiccando con fare grottesco. Non si può odiare una creatura così, non si può sopprimere un esserino così. In quel periodo della vita, l'essere umano è decisamente innocente.

Dunque, anche chi oggi stermina centinaia di persone in un sol colpo per convinzioni fanatiche, una volta, è stato una creaturina innocente che passava il giorno a succhiare latte, cacare, dormire; su questo non ci piove.

Supponendo allora che, spiritualmente, quello dell'infante sia uno stato di assoluta innocenza, mi viene da dire che certe anime (troppe) seguono un percorso di depravazione.

D'altra parte il farsi esplodere "a gratis" solo per uccidere decine di persone ignare che fino ad un istante prima stavano semplicemente svolgendo le azioni quotidiane della vita, come fare la spesa o andare a lavoro, è semplicemente contrario al darwiniano istinto di autoconservazione. In generale uccidere persone a caso è pura cattiveria o malattia mentale.

Una volta si uccideva il nemico per appropriarsi del suo territorio e delle sue risorse. Questo era, in linea di principio, coerente con le teorie darwiniane e ha fatto in modo che, per millenni, la guerra fosse sempre vista come un'epica sfida di uomini contro altri uomini. Poi durante la prima e seconda guerra mondiale, a causa dell'inedita letalità degli armamenti figli dell'era industriale, andò perduta gran parte della miglior gioventù; intere generazioni annientate in pochissimi anni dal piombo e dal DDT. Si iniziò così a sospettare che, ormai, la guerra fosse solo una pratica brutale e stupida.

Finalmente, ai giorni nostri, i popoli e le nazioni della terra coi loro linguaggi ed usanze si sono formati e stabiliti su territori precisi. Siamo ai tempi di Internet e della Globalizzazione; abbiamo attraversato le esperienze laiche di Umanesimo, Rinascimento, Illuminismo; ci abbiamo provato anche col Comunismo. Muovere guerra contro altre nazioni non ha più senso, se non per neutralizzare certe forme di fanatismo proprio nelle loro terre di origine, ammesso e non concesso che questo sia sufficiente a debellare la piaga.

Ormai non esiste guerra "santa" o crociata che tenga; l'uccisione di un altro essere umano è soltanto un atto di malvagia perversione, se non perpretato per puro scopo di autodifesa. Dev'esserci allora un percorso di depravazione che porta a quello stato di "killer assetato di sangue" di cui si sente parlare a seguito di molti attentati.

Ebbene, ho visto bimbi attaccare briga per il possesso di un pezzo di pongo, una palla, una sedia o quant'altro di futile. Ho visto bimbi prendersi gioco di altri bimbi più giovani, occhialuti, cicciottelli. Pure io, in certi periodi, ho inferto/subito ferite morali a/da altri bimbi. Non sempre però; in effetti ho visto ambienti in cui tutti i bimbi vivono molto serenamente. Ma basta poco, l'ottusità di un adulto presunto educatore, la frustrazione di qualche bimbo trascurato o figlio di separati, anche l'acidità di qualche bambino rimasto orfano di padre (ahimé, mancanza del duro braccio della legge in casa), la superbia di qualche pargolo viziato... e quella vena di crudeltà, dormiente in ciascun essere umano, viene fuori.

Cosa può accadere allora se vere e proprie istituzioni allevano "esseri umani da macello" esaltando la loro intima crudeltà fin dai primi anni di vita e li stordisce con convinzioni fondate sull'odio e il disprezzo? Il nazzismo funzionò proprio così e sfornò milioni di ottimi combattenti. L'emarginazione stessa nel mondo occidentale può poi far crescere cittadini carichi d'odio nei confronti del mondo in cui essi stessi vivono; da cui i cosiddetti "foreign fighters".

Non stupiamoci allora per tanta violenza gratuita; dietro ad ogni killer c'è un'istituzione, o una condizione di vita, che accompagna un animo infantile attraverso un percorso di depravazione e perversione omicida. Ma tutti siamo provenuti dal grembo materno ed abbiamo passato i primi mesi della nostra vita a ciucciare latte, cacare, dormire... anche il più malvagio degli assassini. Se così non fosse, adesso non saremmo qua.

Pensiamo pure questo se può servirci ad avere compassione per qualcuno che, evidentemente, non ha mai incontrato nessun tipo di Amore nella sua vita che fosse ingrado di portarlo a rispettare la vita stessa.


lunedì 6 aprile 2015

My War

For those who are not privileged, life is simply a war, so that each day is just a new battle. Winning all the battles is impossible, but winning most of them may be necessary to win the war, even if there's always just one final battle: death.

If, near the last battle, you find your self surrounded by plenty of people who love you, probably, you'll be a winner!

So, in the early morning, when you open your eyes at first, never mind the moment of the war you are in... just keep calm and start fighting!

domenica 30 marzo 2014

Il mercato del lusso, questo Robin Hood che mette tutti d'accordo

Questo post è apparentemente in contraddizione col pensiero comune di QdVN stesso e di tutti gli altri blog dedicati ai limiti dello sviluppo, tuttavia i risultati che saranno di seguito esposti sono comprovati dalla storia, dai fatti e dalla pura logica.

In principio fu il Comunismo, questa aberrazione dell'umanità perché sopprimeva il sacro Individualismo, biblicamente conosciuto come libero arbitrio, diritto che neppure Dio volle negarci (giacché, senza questo diritto inalienabile, non si può capire chi è buono e chi è cattivo, cioè chi sta da quale parte). Questa terribile ideologia, dunque, negava la possibilità di ricompensa proporzionata al merito e all'iniziativa personale; lo negava in base al principio secondo cui "tutti devono avere ciò di cui hanno bisogno, e ciascuno deve dare secondo la proprie possibilità". Entrambe queste affermazioni sono però molto opinabili perché chiunque potrebbe affermare, ad esempio, di aver bisogno di girare in Ferrari per rafforzare la propria autostima, oppure potrebbe sostenere di non essere adatto a nessun tipo di lavoro in quanto sofferente di qualche tipo di depressione.

La mancanza di qualsiasi riconoscimento economico per le proprie capacità ed il proprio impegno, alla fine, deresponsabilizza, e chi può marca visita. Alla fine il Comunismo regge tuttalpiù qualche decina d'anni se drogato da una buona dose di patriottismo. Non a caso, gloriose culture millenarie sono state annientate dall'appiattimento bolscevico; prima fra tutte quella cinese.

Dall'altra parte abbiamo quindi il Capitalismo. Esso non è neppure contrario al Cristianesimo, stando alla direttiva del buon Gesù di dare a Cesare ciò che è di Cesare, tuttavia esso presenta un piccolo problema tecnico: la moneta circolante ed i capitali tendono ad accumularsi nelle mani di pochi soggetti, i capitalisti appunto.

Si potrebbe quindi stampare altra moneta e riversarla a pioggia sulla gente usandola per finanziare nuove opere pubbliche. Ma anche questa nuova moneta, per gli stessi motivi, si addensa nei ricchi deppositi bancari dei soliti capitalisti. E così all'infinito, fino a che un centesimo della popolazione mondiale possiede capitali sufficienti a comprare 10 mondi, salvo poi accorgersi che il mondo è uno solo.

A questo punto, allora, viene spontaneo dire che, per bloccare tale processo di accumulo infinito,  si potrebbe interrompere la stampa di nuova moneta; ma anche in questo modo l'accumulo continuerebbe, paradossalmente, fino a quando non ci fosse più abbastanza moneta circolante in grado di permettere di fare altro "business". In altre parole, l'economia reale, ormai anemica perché non girano più soldi, non consentirebbe più ai soliti capitalisti di fare altri investimenti che li porti a riscuotere altri interessi ed accumulare ulteriori capitali. E così ci si troverebbe con ingenti capitali nelle mani di pochi mentre, là fuori, la gente sarebbe ridotta a rattopparsi le scarpe. Questo è, in verità, il trend degli ultimi 6/7 anni.

Bisognerebbe quindi convincere i capitalisti a reimmettere liquidità nell'economia reale. Sarebbe bello che lo facessero spontaneanente per beneficienza, ma alla fine sempre soldi loro sono! E sono proprio quei soldi che gli permettono di distiguersi in mezzo agli altri e di stare al di sopra degli altri. Pensiamoci bene: nessun problema per arrivare a fine mese, casa al mare e in montagna acquistata in contanti, parco auto di soli SUV, 2/3 vacanze esotiche all'anno, cena di pesce al ristorantino esclusivo nel fine settimana, etc etc. E tutto questo mentre gli altri ripiegano al discount per risparmiare 10 cent sul pacchetto di pasta. Grandi soddisfazioni!

D'altra parte è un diritto dei ricchi quello di fare la bella vita, perché i soldi sono loro (salvo che siano ladri di qualche tipo, ovviamente), e ne fanno ciò che gli pare! Casomai, un giorno, dovranno risponderne difronte a Dio.

Ecco allora che, se i ricchi vanno al ristorantino, contribuiscono a ridistribuire soldi agli operatori della ristorazione, se acquistano la casa al mare e in montagna sostengono l'edilizia, se fanno vacanze esotiche contribuiscono a dare uno stipendio ad operatori turistici / piloti d'aereo / hostes / ristoratori dei paesi di destinazione / animatori dei villaggi turistici e così via. Anche il mercato dei SUV dà lavoro agli operai di Porsche, BMW, Audi, Volkswagen, peccato che l'abbiano capito solo i tedeschi.

In buona sostanza il mercato del lusso / superfluo / non plus ultra, costituisce l'unico espediente che possa "estorcere spontaneamente" ingenti capitali ai capitalisti. D'altro canto, braccare i più facoltosi per mezzo di redditometri e tasse patrimoniali varie è sostanzialmente deletereo perché non fa altro che spingere i ricchi a godersi i soldi altrove, dove non sono perseguitati dal fisco. In questo modo non contribuiranno mai, o solo in piccola parte, alla tenuta dell'economia nazionale.

In conclusione è inutile ricercare la crescita a tutti i costi, se la Terra non è in grado di sostenerla, ma è altresì sciocco parlare di decrescita felice, perché imporre a chicchessia di vivere col minimo necessario equivale, piaccia oppure no, a parlare di comunismo. L'economia faccia come le pare, cresca o decresca pure in funzione della capacità dell'umanità di ricavarsi nuovi spazi in modo sostenibile, ma per favore non bracchiamo i ricchi e lasciamo che si tolgano qualche sfizio. Questo, fino a prova contraria, è l'unico modo pacifico e non invasivo per togliere effettivamente ai ricchi e ridare ai poveri, proprio come faceva Robin Hood.

domenica 23 febbraio 2014

La TAV, un capro espiatorio a caso



La vita sulla Terra continua, nonostante la crisi col suo strascico di suicidi, nonostante il susseguirsi di governi più o meno tecnici, nonostante il credit crunch, nonostante la disoccupazione irrecuperabile, nonostante tempeste perfette ed alluvioni senza precedenti. Facciamocene una ragione: la vita continua nonostante tutto, a meno che non si ritorni all'Età della Pietra, ma speriamo che questo non accada mai, poiché l'inferno non giova a nessuno, neppure al più insulso e patetico dei perdenti.

Dicevamo allora, la vita continua, e con essa la cementificazione e le opere pubbliche, per quanto la carenza di risorse economiche e di materie prime lo possa permettere. E' quindi curioso questo fenomeno di accanimento di sedicenti ambientalisti contro una sola opera pubblica in particolare. Perché proprio la TAV? Noi di QdVN non vogliamo proprio crederci che non ci siano altre opere monumentali in giro per l'Italia su cui infierire, anch'esse caratterizzate da una dubbia utilità.

E poi, quanto tempo hanno da perdere queste persone che vanno in giro a sabotare cantieri, a sbeffeggiare gli encomiabili celerini, ed a imbrattare i muri? Diciamocelo, hanno tutto il tempo di cui dispone chi non ha niente, ma proprio niente, da fare. Sicuramente non hanno neppure le pulizie di casa una volta alla settimana.

Eh già, perché se uno deve lavorare, fare la spesa alla sera, portare i bambini a scuola, fare le pulizie di casa ed anche un pò di bricolage, oppure studiare e dare esami difficili con voti dignitosi per avere maggiori possibilità di trovare un impiego dopo la laurea/diploma, SICURAMENTE non avrà mai tempo né per andare a manifestare in piazza contro un'opera pubblica inquinante e cementizia come tante altre, né per fare sabotaggi di qualsiasi tipo.

Ecco svelato l'arcano. Tutti questi che protestano sono persone che nella vita non hanno mai avuto e non avranno mai una vera famiglia, dei veri affetti, o qualcosa di proprio da costruire. Sono in sostanza dei falliti, ovvero persone frustrate e turbate che 1) vogliono darsi un certo tono millantando di essere impegnate in qualche improbabile battaglia ambientalistica/sociale, e 2) odiano il mondo che non gli a concesso la possibilità di vivere una vita normale, con una famiglia normale, un lavoro normale (ma questo è colpa loro, anche se non se ne rendono conto), una casa col solito mutuo da pagare per trent'anni, una/uno mogliettina/maritino devota/o, 2/3 figli da accudire etc etc.

Odiano il sistema, quindi tutto ciò che li circonda e che non sia il solito centro sociale o i compagni di spinello/bevuta. Invece le persone che realmente protestano per i propri diritti, o perché sia ristabilito un qualche tipo di giustizia, sono ad esempio quelle che hanno manifestato per le strade di Kiev, od in Venezuela, NON sono certo quei facinorosi che ingaggiano atti di guerriglia urbana per protestare contro la TAV.

Trattasi in questo caso di persone cariche di odio, che hanno bisogno di un capro espiatorio su cui fare violenza gratuita per sentirsi qualcuno. Rapinassero le banche, e si tenessero i soldi per acquistare un ristorante in qualche luogo sperduto del Messico, sarebbero più rispettabili. Invece fanno danni per non giovare neppure a sè stessi; è proprio questo che risulta molto irritante! Si può "accettare" la violenza motivata dall'opportunismo o dall'interesse personale, o anche dal semplice sadismo, ma una cosa veramente inconcepibile è l'ipocrisia di certi gruppi di persone che convengono su un un unico capro espiatorio, preso a caso, per darsi una scusa nobile che gli consenta di esercitare violenza (fra l'altro anonimamente) senza sentirsi in colpa, andandone anzi fieri.

Un aspetto bizzarro è allora proprio il fatto che tutto questo popolino bue di anarco vattelapesca insurrezionalisti informali, o di ambientalisti pank bestia, o di ribelli contro il sistema (quale?), riesca a convenire come d'incanto su un unico capro espiatorio, come se si fossero messi d'accordo a priori, magari per telefono o mail o twitter o altro social network. Questo fenomeno però, secondo noi, rientra nella fenomenologia delle "mode"; esso è in parte avvolto dal mistero e, similmente ad altri misteri della storia, come la costruzione delle piramidi egizie o i cerchi nel grano, è giusto che rimanga tale, se non altro per rendere l'argomento un pò più interessante, ed un pò meno irritante.

domenica 5 gennaio 2014

Il picco petrolifero e quella strana giustizia del debito sovrano

E' da poco iniziato il 2014. A quest'ora, secondo le previsioni più cupe di alcuni cultori della catastrofe, si dovrebbe essere già in una situazione da "si salvi chi può", con governi allo sbando, servizi sanitari ridotti al minimo, pompe di benzina a secco, blackout diffusi sulle reti elettriche e quant'altro da fine dei tempi. Lo staff di QdVN non crede, anzi non vuole credere, in un tale tragico epilogo; se ci credesse, non avrebbe avuto senso scrivere QdVN stesso, sarebbe stato piuttosto più sensato fare scorta di gasolio, legna e razioni kappa, non vi pare? Fermo restando che la catastrofe potrebbe essere solo rimandata, abbiamo allora due notizie, una buona ed una cattiva.

Quella buona è proprio che la catastrofe può aspettare, e in qualche modo potrebbe non arrivare mai, a patto naturalmente che non consideriamo una catastrofe la perdita di milioni di posti di lavoro ed il logoramento continuo del potere d'acquisto dei salari. Quella cattiva è che il picco petrolifero è reale e ci siamo dentro fino al collo. Senza addentrarci in una noiosa disamina sul bilancio dell'estrazione petrolifera e carbonifera planetaria, guardiamo un pò, nella pratica, come anche la situazione di Grecia ed Italia in questi ultimi mesi ci suggerisca che il picco ha ormai avuto luogo qualche anno fa, e più precisamente attorno al 2008. Innanzitutto, chiedetelo a qualsiasi imprenditore sopravissuto che oggi cerca di destreggiarsi fra Equitalia e le banche: fino al 2007 di guadagnava ALLA GRANDE. Si consideri poi che il picco petrolifero, di per sè, non consiste in un'interruzione improvvisa e totale delle forniture di petrolio, ma in una sempre minore estrazione di petrolio di facile raffinazione.

Per iniziare: della Grecia non si sente più parlare, non si vedono più tafferugli e guerriglia urbana per le strade di Atene; poi la Grecia, come Stato, non è ancora fallita, anche se ci è mancato poco. Significa che là si è sistemato tutto e sta iniziando una qualche ripresa? In effetti si è sistemato in qualche modo il bilancio dello Stato, ma la vita di migliaia di nuovi disoccupati è rovinata, visto che non riusciranno a trovare altro posto di lavoro. Anche la Grecia insomma consuma di meno perché aumenta la porzione di popolazione che, non avendo più uno stipendio, non può consumare, e nel frattempo, chi ha ancora la fortuna di tirare uno stipendio, vede sempre più logorato il proprio potere d'acquisto.

La realtà è che, in linea di principio, nessuno stato può fallire finché c'è anche un solo contribuente che continua a pagare puntualmente le tasse. Difatti, se per assurdo questo accadesse, sempre in linea teorica, il debito di quel paese potrebbe comunque essere rinegoziato per venire ripagato attraverso un "comodo" mutuo di qualche centinaio di anni. Naturalmente alla morte/pensionamento del povero contribuente puntuale (che significa lavoratore dipendente o piccola azienda vessata dal fisco, ndr), sono i figli a proseguire il pagamento del debito.

Nella sostanza, il debito di qualsiasi Paese può sempre essere rinegoziato spalmandolo sulle future generazioni, purché la sua popolazione non sia destinata ad una estinzione di massa ed il Paese stesso non si ritrovi un giorno senza neppure un contribuente puntuale. Proprio il fatto di ritrovarsi senza neppure un contribuente puntuale è escluso a priori perché significherebbe ritornare all'Età della Pietra, oppure cadere nell'anarchia, che forse è la stessa cosa.

E così anche in Italia, mentre il Governo gongola per lo spread sotto i 200 punti base grazie ad anni di pressione fiscale da suicidio, diverse statistiche lamentano una disoccupazione giovanile esplosiva, la tassazione abnorme a cui è sottoposto il lavoro dipendente, e la crescita di tariffe e bollette in generale. Anche l'Italia insomma è un Paese che ha sempre consumato molto, e contiene ancora al suo interno ampie sacche di scarsa/inesistente produttività, come accadeva alla Grecia. E' un paese che ha sempre contribuito attivamente a dilapidare milioni di barili di petrolio, vivendo al di sopra delle proprie possibilità, ed indebitandosi a dismisura, disperdendo denari in opere pubbliche incompiute, stipendi d'oro, baby-pensionamenti, finanziamenti alla politica e quant'altro di inutile si possa immaginare.

Doppo il picco petrolifero non si praticano più sconti a nessuno; proprio questo è ciò che permette di risparmiare milioni di barili di petrolio al giorno, in quanto si impedisce a Paesi poco (o per nulla) virtuosi come l'Italia di consumare ciò che non meritano di consumare. Per ottenere tale risultato si lavora sulla morsa del debito sovrano che comporta, a sua volta, sovratassazione e quindi abbattimento dei consumi in linea col calo di disponibilità di materie prime.

Sembrerebbe esserci una sorta di giustizia divina in questo stritolamento di alcuni Paesi, salvo poi accorgersi che, secondo il giochino del dilazionamento del debito, a pagare devono essere sempre i soliti, ovvero i contribuenti puntuali... e la loro discendenza, naturalmente.

martedì 12 giugno 2012

Rivoluzioni e crocette su fogli di carta


 
Craxi accusa Napolitano di aver taciuto sul finanziamento illegale dei partiti.

L'italiano e la "rivoluzione". Molti Italiani alle prossime elezioni voteranno Grillo facendo una crocetta su un foglio di carta, torneranno felici sul divano per guardare il reality o la partita, e ATTENDERANNO CHE IL M5S RISOLVA I LORO PROBLEMI. Non vale la pena provare a migliorare il mondo per questa gente qua, non mi riguarda. Persone che una volta dicevano "è un voto buttato via" anche se erano d'accordo coi programmi del M5S, adesso non vedono l'ora di votarlo alle politiche, visto che ormai il Movimento ha superato il 10% dei consensi e (udite udite) si inizia a parlarne in TV.

Come al solito, gli Italiani (almeno la metà) sono sempre i primi a correre in aiuto del vincitore, e non hanno proprie idee con le quali riescano ad essere coerenti e per le quali siano disposti a battersi, salvo che sia per interesse personale o della categoria di appartenenza (i.e. statali, operai o partite iva). Purtroppo (o per fortuna) il M5S riceverà voti anche da queste persone che, ahimé, esigeranno una politica di tipo "socialista" di Craxiana memoria che li protegga e li faccia stare bene...

Eh già, a tanta gente (ma NON tutta) interessa solo "stare bene" all'interno del proprio patetico orticello, di tutto il resto non gliene può calare di meno. D'altra parte la nostra società è frutto dell'edonismo individualista a cui ci hanno ammaestrati in decenni di imposizione consumistica. Tanta gente, allora, deve innanzitutto imparare due cose: 1) a non cercare di eludere il primo (in assoluto) comandamento di Dio, che dice "ti guadagnerai da vivere col sudore della tua fronte", 2) che ormai nessuno può andare avanti da solo, ed il mero opportunismo non paga più.

L'italiano e la "qualità"
. L'italiano medio ambisce ad acquistare "solo automobili tedesche" perché (parole sue) di "quei cessi fabbricati in Italia" non si fida. In generale è così in ogni settore: in sostanza il mediocre italiano compra e si pavoneggia coi prodotti realizzati all'estero perché lui stesso non riesce a costruirseli. Naturalmente ci sono importani eccezioni: le stesse vetture del Gruppo Fiat, nonostante checché se ne dica, sono motoristicamente eccellenti; per non parlare poi della Biomedica e della Meccattronica emiliane che, scherzo del destino, sono state gravemente danneggiate dai terremoti di fine Maggio. In questo caso, purtroppo, gli eventi si sono accaniti su chi faceva da traino. Ad accanirsi, invece, contro chi farà il futuro, ci pensano i vecchi.

L'italiano e la "gioventù". Penso al mostro antropomorfo di 68 anni che il 19 Maggio a Brindisi ha ucciso una ragazza e ferito gravemente altri ragazzi di 16 anni facendo esplodere, a distanza, una bombola a gas. Costui non è una persona, però non può essere soppresso come un cane per non offendere la dignità dei cani; piuttosto andrebbe tritato vivo come certe bestie dallo spazio profondo che compaiono in certi film di fantascienza. Troppo feroce? Alzi la mano chi non ci ha già pensato!

Vecchi che sopprimono giovani che iniziano ad abbracciare la vita: una tragica metafora di questo paese in cui una sorta di priorato di ultrasettantenni si preoccupa del futuro di giovani che non hanno neppure la più pallida idea di cosa li attenda.

L'italiano e il "rigore economico"
. Molte eminenze della finanza europea allora si sono congratulate per le "misure di rigore veramente incisive" che il Governo Monti ha varato, prima fra tutte la riforma delle pensioni... Eh già: nessuno va più in pensione, più incisivo di così!

D'altra parte sembra chiaro che il Governo Monti sià lì proprio per soffocare l'economia con metodo quasi scientifico. Non a caso uno dei primi provvedimenti che il Governo Monti ha messo in atto, appena insediatosi, è stato l'aumento di 10÷15 cent sul prezzo dei carburanti. Nella sostanza, Monti vuole strozzare la domanda interna in modo da ripristinare un bilancio commerciale attivo con l'estero.

Difatti fino al 2008 abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, e per anni abbiamo tirato avanti con un bilancio commerciale in passivo (vedi Grecia e italiano medio che compra solo Audi/Golf/BMW/Mercedes), senza poter stampare moneta con la nostra Zecca di Stato; questo naturalmente ha causato una lenta emorragia di euro verso l'estero che ha reso l'economia italiana mortalmente anemica. Con l'intervento di Monti, devastante per la domanda interna, sono stati abbattuti gli acquisti di beni di qualsiasi tipo, compresi quelli da Cina, Germania, Jappone ec etc, in modo che riescano a sopravvivere solo le aziende che vendono soprattutto all'estero e che quindi, a lungo andare, contribuiscono ad un rientro di liquidità. L'austerity perpetrata dai governi tecnici Ciampi, Amato, Dini etc etc andava proprio in questa direzione.

In fondo Monti ci lascia in mutande "per il nostro bene", dovremmo essergli grati per questo. Poco importa, allora, se in giro c'è gente che si impicca nel proprio capannone o si dà fuoco davanti all'agenzia delle entrate; non è un problema di MontiRobot. La stessa disEquitalia ha proprio questo scopo di demolizione industriale e attacca le piccole imprese che lavorano su territorio italiano. Pensiamo al solo concetto di studio di settore: a molti professionisti ed aziende artigiane, spesso, è imposto di pagare delle tasse su un reddito presunto ma che, per difficoltà economiche e crediti inevasi, non riescono a percepire. Alcune aziende devono addirittura accendere un mutuo per pagare le tasse sul fatturato che non hanno ancora riscosso; i sindacati si preoccupino di questo, anziché di mantenere l'illicenziabilità nella Pubblica Amministrazione!!!

L'italiano e i "titoli di Stato". Non sono comunque necessari sindacati e disEquitalia per distruggere l'economia italiana, bastano i mancati "Eurobond". Eh già, infatti la BCE finanzia i debiti sovrani stampando moneta dal nulla, ma esige la restituzione con gli interessi. E questo non è tutto; il vero problema è che ciascun Paese rilascia singolarmente I PROPRI titoli di Stato, con propria asta di vendita, mentre la moneta è "unica" (più di forma che di sostanza).

E' un pò come se una coppia di ragazzi si sposasse e prendesse casa ma, mentre uno accende un proprio mutuo con una propria banca ipotecando metà della casa, l'altra accende un altro mutuo per l'altra metà della casa. Chi dei due avrà reddito minore e lavoro più incerto, pagherà interessi maggiori alla propria banca, ma nel condividere le spese per bollette + mobilio + manutenzione + mangiare etc etc dovrà mantenere lo stesso tenore di vita del/la compagno/a che ha stipendio maggiore e, allo stesso tempo, paga meno interessi per il suo mutuo. E poi, se due persone non si fidano l'un dell'altra al punto da non accettare la comunione dei debiti (se non dei beni), tanto vale che non si sposino mai e che vivano come amanti, fidanzati o trombamici, oppure che convivano in affitto con conti separati. E' invece cosa buona e gradita a Dio formulare delle scelte di vita importanti, intraprendere un cammino di impegno, e costruire qualcosa assieme... se ci si mette assieme. E così anche l'Europa sarebbe chiamata ad istituire una vera moneta unica, istituzione che purtroppo ancora non esiste, perché i conti sono ancora separati, e si paga alla romana.

L'italiano e la "spesa pubblica". Qualsiasi risanamento invasivo messo in atto da MontiRobot non sortirà comunque gli effetti desiderati finché non si provvederà ad una epurazione dei posti di lavoro pubblici, con soppressione dei posti non produttivi e licenziamento coatto di fannulloni e faccendieri. Per far questo bisognerebbe che il sistema riformasse sé stesso. E' come dire che un indemoniato dovrebbe fare autoesorcismo, una contraddizione in termini.

Non per niente i comuni, le regioni e le provincie pullulano di persone che vaneggiano per i corridoi senza scopo e senza un perché, ma con un foglio in mano (la lista della spesa?), fingendo di andare a sistemare qualcosa di assolutamente importante. L'esplosione della burocrazia in Italia è proprio dovuta all'esigenza di consentire a molte persone la simulazione di qualche attività che sia utile per qualcuno, ma che in realtà fa perdere tempo a molti. Poi, a dire il vero, se si considera il personale della Pubblica Amministrazione in rapporto alla popolazione totale, risulta che l'Italia ha 58,4 dipendenti ogni 1.000 abitanti, attestandosi vicino ai livelli della Germania (55,4 ogni 1.000 abitanti, per un totale di 4,5 milioni di dipendenti pubblici) e notevolmente al di sotto di quelli della Francia (80,8 ogni 1.000 abitanti, per un totale di 5,2 milioni di dipendenti pubblici). Il problema è che a molti Italiani, come al solito, piace "stare bene" senza fare fatica, ed il posto statale, più che un onesto impiego, diventa una specie di vincita a Win For Life.

L'italiano e la "meritocrazia". Insomma, il parassitismo sociale, in Italia, è una malattia endemica, tuttavia questa volta sono proprio finiti i soldi per fare regali e trovare impieghi di dubbia utilità agli amici degli amici degli amici; tutti regali che alla fine portavano taaanti bei voti, qualche escort ed anche la non-belligeranza delle mafie. Troppo facile, però, pretendere che con un voto di "protesta" venga scalzata via la Seconda Repubblica e si risistemino le cose come erano prima, eventualmente con ritorno alla Lira, restaurazione di uno Stato Neosocialista, e soppressione dei privilegi di partito.

Questa volta si prefigura un cammino doloroso e pieno di insidie che però, alla fine, riporterà alla centralità delle amministrazioni locali e della politica partecipativa. Questo cammino porterà anche all'impiego diffuso delle energie rinnovabili in modalità che noi, ancora oggi, non riusciamo nemmeno ad immaginare. Parlo di microgenerazione di biogas, di smart grid (si può costruire una rete elettrica bilanciata coi vicini di casa), di riscaldamento solare con accumulo in falda, di minieolico etc etc. Ciascuna famiglia potrà produrre la propria energia, lo Stato finalmente perderà quell'aura salvifica che finora ci ha assoggettato a lui e, una volta per tutte, diventerà espressione della sovranità popolare. Certo, tutto molto bello, bisogna lavorarci su però!

Conclusioni. Ci stiamo approssimando verso l'epilogo della Seconda Repubblica. Se può consolarvi, ad un certo punto i faccendieri non avranno più vantaggio a stare in Parlamento, visto che il Governo non avrà nemmeno la benzina da mettere nelle auto blu, l'euro sarà diventato carta da  imballaggi e non servirà più a pagare i vitalizi, e l'unica moneta di valore persistente sarà diventato il kilowattora, generato democraticamente sui tetti di tutte le case (ma questo molto più avanti) grazie ad opportune tecnologie fotovoltaiche e solari-termiche low cost. La distruzione del valore convenzionale della moneta e la sua sostituzione con il concetto di "quantità di energia" e "beneficio di un servizio o bene" rappresenterà forse l'unica possibile via di salvezza.

Utopia? Probabilmente, però sarebbe l'unica alternativa al medioevo post-industriale con rievocazione del nazzismo/fascismo che userebbero ancora il concetto di "superiorità razziale/culturale" per giustificare atti predatori nei confronti delle risorse e dei territori altrui. Vedete voi che futuro preferite! Ad ogni modo, anche se desiderate l'evoluzione verso un mondo migliore intriso di Liberté - Égalité - Fraternité, sappiate che, quelli che oggi bivaccano dietro ad una scrivania per percepire un lauto stipendio da dipendente pubblico senza sapere (neppure loro) che cosa ci stanno a fare, dovranno essere ricollocati per lo più nelle campagne o presso le industrie della clean-tech. A questi dovranno aggiungersi coloro che praticano lavori ormai inutili per la futura economia (tantissimi, un'esercito, es. telefonisti dei call center, operatori di distributori automatici, agenti di commercio che consumano decine di litri di gasolio al giorno per vendere pentole e scatolame vario etc etc).

Auspicabilmente il risultato finale sarà una nazione consapevole, col comando in mano alle giovani generazioni (sicuramente non settantenni incartapecoriti) e con una economia in equilibrio con le risorse offerte della natura; tuttavia il percorso intermedio sarà un calvario doloroso, talvolta sanguinario, che ad ogni momento potrà prendere una brutta direzione. Ci siamo allora: tutti ai posti di combattimento!

Insomma, se vi pare, fate pure quella misera crocetta di "protesta" sulla cartella elettorale, ma guardate anche fuori da quell'insulso orticello, prima che qualcuno decida di guardare dentro a casa vostra. Sappiate comunque che, da soli, non potete più fare nulla e lo Stato di adesso non vi aiuterà più (ma lo ha mai fatto?) perché dovremo essere proprio NOI a distruggerlo (pacificamente, se possibile) per ricostruirne uno nuovo al suo posto. Il tempo è venuto: fate le VOSTRE scelte, e non di qualcun altro, siate coerenti con esse ed assumetevene la piena responsabilità ammettendo, eventualmente, i vostri errori. Così dovrebbe fare una persona sufficientemente matura, così dovrebbe fare una persona che merita un futuro migliore per sè e per i suoi cari. Buon lavoro, ci si vede per strada, fuori dall'orticello.

lunedì 21 febbraio 2011

Il peso dello scarto nei pomodori da conserva ed il costo della benzina alla pompa

Quando ero adolescente, durante l'estate, normalmente andavo a lavorare in campagna per la raccolta di pomodori, pesche, mele e pere. In particolare, compiuto il mio 14° anno di età, decisi di cimentarmi nella raccolta dei pomodori, sotto il sole d'Agosto, al soldo di un contadino della mia zona che li vendeva sia al mercato provinciale che alle industrie delle conserve.

Chiaramente i pomodori destinati all'industria, siccome venivano processati in quantità (per l'appunto) industriale senza distinzione di qualità, peso, maturità o gusto, al chilogrammo erano decisamente meno remunerativi dei pomodori di prima scelta venduti al mercato. I processi industriali di produzione di pelati e conserve epuravano il prodotto “grezzo” meccanicamente o per mezzo dell'intervento di operatori umani che, in quanto tali, necessitavano di un'opportuna retribuzione. Nei pomodori raccolti per l'industria c'era allora molto scarto, che naturalmente l'industria non voleva pagare.

In linea di principio si sarebbe potuto raccogliere solo pomodori di prima scelta, tuttavia nella raccolta di un'intera coltivazione è inevitabile fare dello scarto; inoltre se si lasciano sulle piante i pomodori ritenuti di scarto perché troppo piccoli o ammaccati, questi possono fare marcire i pomodori ancora maturandi, possono appesantire inutilmente le piante a cui sono attaccati ed inoltre rendono difficoltosa la raccolta agli operai agricoli che ogni tanto, sotto il sole d'Agosto, prendono inavvertitamente in mano questi “slimer” rossastri nauseabondi. In definitiva, piuttosto che buttare via tutto lo scarto, visto che per un motivo o per l'altro conveniva raccoglierlo, lo si rifilava alle industrie delle conserve.

Tutto bene ad inizio stagione, quando le piante sono fresche ed i pomodori (pure quelli di “scarto”) sono belli rossi e tutti turgidi. Ma poiché, a questo mondo, la vecchiaia avanza anche per le piante di pomodoro, giunge inesorabile, verso la fine della bella stagione, il momento di sbarazzarsene malamente. In tale periodo, di fatto, le piante producono ancora pomodori, ma quasi esclusivamente di scarto. Chiaramente, finché le piante producevano principalmente pomodori di prima scelta, aveva senso, con un minimo sforzo, mettere da parte i pomodori di seconda scelta che venivano raccolti strada facendo; ma quando resta solo un prodotto di seconda scelta sottopagato dalle industrie, non ha più senso perdere tempo a chinarsi sulle piante per staccare un pomodoro alla volta.

In definitiva, a noi ragazzi che lavoravamo in quella raccolta, verso fine Agosto veniva ingiunto di sradicare brutalmente le piante alla radice e di scuoterle sull'apposito cassone in modo che tutti i pomodori rimasti attaccati precipitassero “per gravità”, naturalmente in compagnia di foglie e terriccio vario. Se qualcuno allora, ogni tanto, sente un po' di sabbietta nella degustazione della prelibata pasta al pomodoro da discount... beh, può immaginarne il motivo.

Si può capire allora perché i pomodori “grezzi” che escono dalle aziende agricole vengano quasi regalati alla grande distribuzione, mentre il pomodoro “perfetto” presentato al bancone del supermercato, frutto di un'accurata selezione e confezionamento, ha un costo decisamente impegnativo per la povera massaia di città. Questo effetto dello scarto, naturalmente, si somma all'avidità della grande distribuzione che, per distribuire il prodotto del misero contadino, gli impone prezzi del prodotto grezzo assolutamente ridicoli.

Qualcosa di analogo accade anche alla filiera di estrazione-raffinazione-distribuzione del petrolio. Quello che veramente conta non è tanto il costo del greggio, la cui qualità può peggiorare col tempo, ma il prezzo della benzina alla pompa, estratta dal greggio stesso e la cui qualità è prefissata da opportuni standard per impedire che i motori si ingolfino per via delle eccessive impurità nel carburante. Insomma, la benzina è quella che finisce nel serbatoio delle macchine, non il greggio!! Questo NON è un dettaglio da poco e bisogna farsene una ragione. Finora la qualità del greggio è sempre stata mediamente costante; quindi è sempre stata pressoché costante la “fatica” che si doveva fare per estrarre il prodotto finale utilizzabile dall'utente finale automobilista o camionista. Quindi, finora, l'andamento del costo dei carburanti, sia nelle quotazioni di borsa che alla pompa, hanno sempre seguito abbastanza fedelmente l'andamento del costo del barile; da qualche mese a questa parte, invece, si assiste ad una biforcazione crescente fra costo dei carburanti e del greggio: quando il costo del greggio decresce, il costo delle benzina rimane pressoché invariato; quando il costo del greggio cresce o rimane abbastanza stabile, il costo della benzina aumenta... anche di poco però aumenta!

Queste considerazioni non sono frutto di statistiche occulte o rumors della Rete che nessuno può verificare; basta confrontare l'andamento del costo del petrolio con quello della benzina al seguente link: http://it.advfn.com/materie-prime/. Quindi, per comprendere in tempo reale gli effetti del picco del petrolio CONVENZIONALE, che ha avuto luogo in modo molto smussato a partire da 2005/2006, non è proprio conveniente considerare il costo del greggio in sé; piuttosto è più interessante raffrontarlo con l'andamento dei prezzi sui futures di benzina, gasolio e cherosene. Quelli sono i carburanti che si presentano alla pompa e che sono bruciati dai mezzi di trasporto di tutto il mondo!

Per ritornare alla metafora agreste del pomodoro, anche il prodotto grezzo raccolto dal contadino vale una miseria, ma quello che si presenta sul bancone del supermercato viene venduto (come sembra dire il nome stesso “pomo d'oro”) a peso d'oro. Analogamente, non deve destare scandalo il fatto che il costo del barile sia stabile o in calo e, contestualmente, il costo della benzina alla pompa sia in lenta ma inesorabile crescita. Si parla tanto male dei benzinai o delle compagnie petrolifere che alzano il costo della benzina a ridosso delle vacanze per massimizzare i profitti, quando in realtà la vera questione sta semplicemente nella qualità media del greggio che continua a peggiorare progressivamente in tutto il mondo... La benzina finora CI E' STATA REGALATA, è questa la verità! Tutto grasso che è colato fino a questi ultimi tempi! Ma, naturalmente, questo concetto è ancora oscuro all'automobilista miserabile intento ad arrivare a fine mese nonostante il caro dei carburanti.

Ad ogni modo, difronte ad un evento inevitabile di immani proporzioni come il picco petrolifero, siamo tutti miserabili; il fatto sostanziale è che, per un motivo o per l'altro, il costo dell'energia crescerà, e con esso il costo della vita. Conoscerne le vere cause allora non serve tanto a risolvere i problemi in sé e per sé, ma piuttosto serve a guardare a certi problemi con occhio disincantato e consapevole senza aizzare la propria ira contro falsi capri espiatori... Questo certamente non serve a salvare il mondo ma, a parità di condizioni, può aiutare ciascuno di noi a vivere un po' meglio e con maggiore serenità difronte a problemi che, in passato, non avremmo mai pensato di dover affrontare.

martedì 4 gennaio 2011

La dignità di quegli “sporchi lavori" che qualcuno deve pur fare




Se sei un/una adolescente di circa 14 anni e devi decidere quali studi superiori seguire, o un/una ragazzo/a di circa 18 anni e devi decidere a quale corso universitario iscriverti, ma infondo pensi che studiare, in questo contesto di crisi occupazionale, non serva assolutamente a niente se non si hanno talenti o raccomandazioni particolari, ebbene... HAI INDOVINATO!!

Ma allora, per gli stessi motivi, non andare a studiare significherebbe semplicemente essere disoccupati subito, piuttosto che esserlo dopo diversi anni di studio. Ciò detto, qualcuno potrebbe allora osservare che, se non altro, andando a studiare ci si forma un certo “bagaglio culturale” di cui si potrà far tesoro quando “l'economia ritornerà a tirare” e gli sbocchi professionali ritorneranno ad essere “numerosi” anche per tutti coloro che hanno seguito studi non prettamente tecnici.

Purtroppo, però, i presupposti, ovvero i luoghi comuni che portano a queste considerazioni, sono fatalmente errati, nel senso che hanno già portato milioni di giovani a compiere diversi ERRORI FATALI durante la propria vita. Mettiamo allora i puntini sulle “i”:

  1. Innanzitutto la ripresa, nei termini attesi dagli economisti bocconiani (i guru dell'umanità al servizio del PIL), non ci sarà più, piaccia oppure no! E comunque non deve essere il famigerato +1,1% a risolverci i problemi della vita...

  2. Il termine “bagaglio culturale” o “cultura”, vuole dire tutto ed anche niente. Anche la persona più colta di questa Terra può essere incapace di dire, fare o pensare alcunché di socialmente o intellettualmente utile.

  3. Non è poi detto che un lavoro intellettuale sia meno faticoso ed impegnativo di un lavoro manuale. Tipicamente, infatti, sono proprio gli impiegati ad essere i più stressati, soprattutto a causa di orari di lavoro molto irregolari in certi uffici...

  4. Il lavoro, ad esempio di contadino o pastore, può essere fisicamente faticoso, ma decisamente NON deve essere considerato umile, visto che è il contadino che, col suo duro lavoro, DA' DA MANGIARE anche all'aristocratico che viaggia in SUV.

  5. Se non si prosegue con gli studi, ci sono da subito molte possibilità lavorative per aspiranti operai agricoli, operai metalmeccanici, camerieri, traslocatori, imbianchini etc etc. Ci si deve però scordare, una volta per tutte, dell'aspirazione al comodo (o presunto tale) lavoro dietro alla scrivania.

In particolare, la professione (perché tale deve essere considerata) di operaio agricolo è ormai relegata ad extracomunitari sottopagati; nessuno vuole più riprendere contatto con la terra che ci nutre. Purtroppo viviamo in una società in cui casalinghe e singles medio-borghesi di ogni età vanno, perlopiù, a procurarsi il cibo nei soliti centri commerciali dove tutto il cibo è pronto in vaschetta o in sacchetto, spesso precotto. I bambini crescono ormai con l'idea che esistano gli alberi delle vaschette e dei sacchetti, o che certe prelibatezze piovano dallo spazio profondo come per incanto o per concessione degli alieni.

Certo, qualcuno potrebbe dirmi “fallo tu l'operaio agricolo, visto che ci credi tanto!”. Ed infatti, come già accennato in un precedente post, da adolescente ho anche praticato l'attività di operaio agricolo, ma ho sempre avuto vocazione per la tecnologia ed il lavoro intellettuale. Il mio attuale lavoro, molto in linea con i miei titoli di studio, a modo suo NON è meno faticoso di quello di operaio agricolo; alla sera, dopo aver spremuto ogni risorsa del mio cervello, ho la forza di volontà appena sufficiente per salire in macchina e tornare a casa. Alcuni miei amici coetanei, che da sempre svolgono lavori manuali, non ce la farebbero mai a reggere un'attività lavorativa intellettuale e sedentaria come la mia; anche loro, però, alla sera sono stanchi ed hanno appena la forza fisica per salire in macchina e tornare a casa... ciascuno ha la sua croce, è questo il punto! Quindi nella scelta se continuare a studiare oppure no ed, in caso affermativo, quale corso di studio seguire, ogni adolescente non deve chiedersi qual'è il lavoro più comodo, prestigioso e meglio retribuito che desideri svolgere, ma qual'è la croce che meglio riuscirà a sopportare fino al giorno del suo pensionamento (semmai dovesse riuscire ad arrivarci...).

La scuola, dal canto suo, tende invece ad insegnare ai giovani che conviene sempre proseguire negli studi superiori ed universitari per farsi una posizione nella vita; ma questo, naturalmente, solo perché gli studenti sono la materia prima della scuola e delle università stesse! Non esisterà mai un insegnante che scoraggerà qualche studente a proseguire negli studi. E' come se un pasticcere consigliasse ai suoi clienti obesi di seguire una dieta ferrea fino al raggiungimento del peso-forma ideale. A seguito, quindi, di questa campagna diffamatoria strisciante ai danni del lavoro manuale, si incolpa lo Stato per il fatto di non riuscire a collocare adeguatamente questo esercito di laureati in materie la cui utilità, assieme ai cerchi nel grano e alla massa oscura dell'Universo, compare ancora fra i misteri irrisolti della scienza moderna. In fondo anche il corpo docenti, in generale, forma una propria lobby; peccato che questa lobby speculi sulle vite e sulla buona fede di milioni di giovani.

I giovani non dovrebbero quindi protestare per i tagli all'istruzione, ormai sovradimensionata rispetto alle opportunità professionali offerte dal mondo del lavoro reale (e non quello immaginato dai docenti); dovrebbero invece protestare per l'eccessivo disprezzo a cui sono sottoposte tutte le attività lavorative cosiddette “umili”, ma di cui TUTTI HANNO VITALE BISOGNO, finanche l'aristocratico in SUV. Bisogna, in sostanza, ritornare alla lotta per i diritti dei lavoratori... ma non solo dei lavoratori nelle grandi fabbriche, che normalmente consentono a certi sindacati di farsi molta pubblicità, ma anche dei netturbini, degli operai agricoli nelle piccole aziende di campagna, delle badanti, dei pastori, dei muratori, degli idraulici etc etc etc.

Tutte queste mansioni, che sono degne di grande rispetto poiché, di esse, la nostra società NON può assolutamente fare a meno, devono essere adeguatamente tutelate e remunerate, altrimenti nessuno vorrà più svolgerle, e per molto tempo ancora ci saranno a spasso milioni di studenti in protesta perché non riescono a trovare lavoro come sociologi o filosofi.

venerdì 31 dicembre 2010

Scegli anche tu il cane da guardia che preferisci




Il 9 Settembre scorso, il giornale on-line Il Fatto Quotidiano, ha presentato un sondaggio dal seguente titolo: “Scegliete il vostro leader. Chi di loro può fermare Berlusconi?”. Le opzioni possibili erano le seguenti: Pier Luigi Bersani, Antonio Di Pietro, Gianfranco Fini, Beppe Grillo, Marco Pannella (se riesce a stare in piedi, ndr), Nichi Vendola, nessuno di questi (in tal caso, indicare un nome nei commenti).

Soltanto di recente mi sono imbattuto, per puro caso, in tale sondaggio visitando il sito de Il Fatto Quotidiano. Esso mi ha particolarmente colpito, ed anche innervosito, perché è un esempio di come venga alimentata la passività di questo gregge di italiani che si aspettano sempre che giunga un messia a risolvere i meschini problemi delle loro miserabili vite. Gli italiani (non tutti naturalmente) costituiscono un gregge appunto perché hanno sempre bisogno di un leader di fronte al quale prostrarsi, ma voltandogli di spalle, quindi in posizione “a pecorina”. Questo in realtà è un vizio sodomitico molto antico; alcuni paesi lo hanno perso, oppure non lo hanno mai avuto. Tali paesi si riconoscono per il fatto che sono in grado di eleggere individui di sesso femminile a capo dei loro governi; vedi la Merkel in Germania, Sonia Gandhi in India, Dilma Rousseff in Brasile, Aung San Suu Kyi acclamata in Birmania. Difatti il leader assoluto, di cui gli Italiani sentono il bisogno, è irrimediabilmente MASCHIO, mentre una nazione che abbia semplicemente bisogno di persone responsabili e motivate a capo del proprio governo, si può anche “accontentare” di una donna che risponda a tali requisiti.

Anche in Italia, allora, bisogna piantarla con questa logica del leaderaggio! Già adesso, senza Berlusconi, l'Italia sarebbe trascinata alla rovina da una miriade di leaderucoli in lotta l'uno contro l'altro. Alcuni di questi aspiranti leader combatterebbero addirittura fra di loro all'interno del medesimo schieramento politico.

Un gruppo di persone sagge si confronta e si coordina in modo armonico prendendo decisioni coerenti a favore della collettività... quindi, se c'è davvero bisogno dell'avvento del leader per far funzionare le cose, allora vuol dire che nei palazzi di potere c'è molta stupidita' da "domare". Allora magari non abbiamo bisogno di un leader, bensì di un gruppo di candidati parlamentari SERI alle elezioni, che non abbiano bisogno di alcun cane da guardia che li tenga a bada... tutta un'altra storia!!

In più è diseducativo e deleterio (con tutto il rispetto per i giornalisti che hanno proposto questo sondaggio) proporre una votazione su chi dovrà sconfiggere Berlusconi. Quali sarebbero i PROGRAMMI REALI di questi personaggi al fine di risolvere i VERI problemi della gente? Non va per niente bene tutta questa schiera di partiti CONTRO una sola persona, alla gente serve qualcuno che sia A FAVORE di un programma preciso e pratico.

martedì 28 dicembre 2010

Volentes fata ducunt, nolentes trahunt (Il destino conduce chi lo accetta, trascina chi vi si oppone)




In questa pausa natalizia durante la quale anche gli impavidi studenti italiani, assieme ai loro amici anarco-proletario-marxisti-vattelapesca-insurrezionalisti, hanno ben pensato di deporre le spranghe per tornare al calduccio delle loro case (dove racconteranno a genitori, zii, nonni e parenti vari "l'immensa ingiustizia" della legge Gelmini), è interessante chiedersi a cosa siano serviti questi episodi di guerriglia urbana in cui, a rimetterci, è sempre stata la popolazione che vive nei paraggi dei luoghi in cui si sono verificati gli scontri... di certo non ci hanno rimesso i politici che erano controllati a vista ed adeguatamente blindati e scortati.

Perché allora cassonetti ed automobili incendiate? Perché vetrine rotte? Perché aggredire poliziotti tipicamente padri di famiglia che, se va bene, percepiscono i loro onesti 1400 euro/mese? Ma soprattutto, per che cosa avrebbero avuto titolo di protestare tutte queste migliaia di studenti di cui, 9 su 10, erano liceali o studenti universitari in Scienze Politiche - Sociologia - Psicologia o altre “scienze” umanistiche non ben definite? Nella pratica, che cosa sanno fare di così utile, questi ragazzi, al punto che la società ed il mondo del lavoro abbiano assoluto bisogno di loro e si sentano obbligati a fermarsi per ascoltare le loro esigenze? Abbiamo veramente bisogno di tutti questi “scienziati politici”, sociologi o psicologi? Forse ne basterebbero qualche centinaio e non di più, il resto potrebbe andare a fare lavori che ormai gli italiani viziati non hanno più voglia di praticare.

Chi scrive queste righe, durante la sua adolescenza, ha fatto esperienza diretta di lavori umili che ormai sono riservati agli extracomunitari e che diventeranno, volenti o nolenti, lavori ambiti anche per l'italica gioventù in un futuro molto più prossimo di quanto si possa immaginare. Dai 14 ai 19 anni, durante l'estate, andavo a lavorare in campagna per prendere qualche soldo che mi aiutasse nei futuri studi. Alla sera ero molto felice perché sentivo di aver fatto qualcosa di assolutamente pratico ed estremamente utile: raccogliere la frutta e/o i pomodori. Neppure adesso, che lavoro come ingegnere elettronico, riesco a sentire le stesse emozioni di appagamento lavorativo. Non ho però potuto proseguire la mia radiosa carriera agreste perché ho un piccolo problema: il mio cervello lavora senza sosta e devo alimentarlo in continuazione con matematica, fisica, nozioni, conoscenze, nuove esperienze etc etc. Qualsiasi lavoro ripetitivo e non creativo, che non preveda nuova conoscenza, a lungo andare è per me insostenibile. Come si dice... son caratteri!

Io vivo nella profonda campagna veneta. Dalle mie parti tutti vanno a lavorare ancora molto giovani in qualità di operai, muratori, contadini, idraulici, tecnici etc etc etc. Dalle mie parti intraprendere un corso di studi universitari significa avere già in mente un tipo di lavoro ben preciso. Il pezzo di carta col quale ci si fregia del titolo di “Dottore” rappresenta soltanto una formalità; difatti ciò che conta è IL LAVORO che si andrà a svolgere (i skei, prima de tutto). I titoli, qua nella Bassa, sono assolutamente irrilevanti. Chi per soddisfazione personale voglia comunque ottenere un titolo di studio, ad esempio, in Scienze Politiche, inizia già a lavorare a 18 anni per mantenersi negli studi. Qua, nella profonda campagna veneta, ben pochi genitori sarebbero mai in grado di accettare di mantenere un proprio figlio negli studi in Scienze Politiche, Sociologia o Psicologia. Per inciso, ho conosciuto giovani psicologhe anche vicino a casa mia, ma erano ragazze molto in gamba ed alla fine sono tutte andate a lavorare come responsabili per le risorse umane o consulenti del lavoro; loro però, come tutti i loro coetanei di questa zona, avevano in mente un percorso professionale ben preciso e motivato.

Non si può però dire la stessa cosa dell'esercito di “principini fancazzisti e principessine sul pisello” che da molti anni intraprendono studi vari ed eventuali di utilità ignota. Tutte queste persone, decisamente incapaci a svolgere lavori pratici di qualsiasi tipo, sono ormai destinate alla disoccupazione ad vitam, salvo cimentarsi con qualche lavoretto saltuario nella ristorazione, nel volantinaggio o nel baby/dog-sitting. Si aggiunge poi un esercito di studenti che intraprendono studi teoricamente utili ed interessanti, come ad esempio diversi corsi in Ingegneria, Fisica, Chimica o anche umanistici come Lettere Moderne, Lingue Orientali, Storia dell'Arte, ma che risultano fuori corso da un numero indeterminato di anni. Costoro incolperanno sempre lo Stato per il fatto di essere dei falliti nella vita; i loro genitori, quando parleranno col parentado dei figli disoccupati, faranno spallucce e diranno: “Eh, è la crisi...”.

Le università sono diventate dei laureifici, è questa la verità! Un modo come un altro per parcheggiare un esercito di giovani troppo smidollati per accettare il concetto di fatica o sacrificio, e questo a causa della becera dis-educazione impartita da genitori borghesi senza carattere e da una società consumistica. Questi individui a fatica riusciranno a digerire il primo comandamento che Dio ha imposto all'Uomo: “Ti guadagnerai il pane col sudore della tua fronte”. D'altra parte, che cosa ci si può aspettare da una gioventù cresciuta ad MTV e Playstation?

Quello dei laureifici è comunque un fenomeno già visto in passato. Il caso più eclatante è rappresentato dall'ex Unione Sovietica, dove l'eresia comunista aveva permesso ad intere generazioni studentesche di ottenere facili lauree in Ingegneria o Fisica. Nessuno era più disposto a fare l'operaio o il contadino. Pure chi lavorava come stagionale in campagna, non accettando i privilegi dei coetanei ingegneri e fisici, sul fare della primavera si metteva in malattia... e nessuno voleva più mietere il grano. Al crepuscolo del comunismo, allora, gli ingegneri e i fisici nucleari spuntavano come funghi, ma non c'era lavoro per tutti questi "cervelli". Quindi, a seguito del crollo del muro di Berlino, molti giovani ingegneri e fisici disoccupati, il cui titolo di studio non era neppure riconosciuto dalla Comunità Europea, presero su le valigie e se ne vennero dalle nostre parti per svolgere lavori umili, fra cui quello di badante.

A questo punto della storia, viene allora da chiedersi in base a quale principio questi studenti nostrani, che per lo più hanno seguito corsi di studio di pubblica inutilità, pretendono di evitare di seguire lo stesso tristo destino che ha colpito molti "dottori" dell'Est Europeo. Bisogna che qualcuno gli spieghi che è inutile opporsi all'inevitabile, se non si possiedono doti o talenti particolari; che lo studio è una scelta di passione e sacrificio; che si può studiare anche Sociologia, purché questa scelta sia frutto di una profonda vocazione; che le possibilità di uno sbocco lavorativo coerente col tipo di studi intrapresi sono molto remote; che sarebbe, in linea di principio, molto più conveniente impiegare lo stesso periodo della propria vita per apprendere qualche lavoro molto più pratico ed utile e, contestualmente, mettere da parte qualche risparmio.

Non ci dicano poi che tutti questi studenti hanno intrapreso determinati corsi di studio a fini culturali. Ammesso e NON concesso che questo abbia qualche importanza (xe sempre i skei ca conta!!), l'ineluttabile verità è che tutti costoro vogliono solo il pezzo di carta che permetta a loro, in qualche modo, di ottenere una comoda collocazione impiegatizia adeguatamente retribuita... ovvero retribuita quanto basta per andare in vacanza all'estero due volte all'anno, andare a cena al ristorante almeno una vota alla settimana, fare aperitivo 3-4 sere alla settimana, andare al concerto, al cinema, in discoteca, acquistare l'ultimo modello di iPhone, iPod, iPad, iPork o di quant'altro di inutile possa imporre la moda del momento... Questi sprovveduti che non sanno neppure allacciarsi le scarpe senza l'aiuto della mamma, possono fare solo una cosa: andare a raccogliere i pomodori assieme agli extracomunitari!!

Cattiva questa eh? Eh, però NON sono io a dirlo; è il destino che lo ha deciso, bisogna prendersela con lui! O meglio, non è stato esattamente il destino, ma le generazioni precedenti che avevano la responsabilità di preparare un futuro decoroso per le nuove generazioni. A tal proposito, adesso serpeggia la sensazione che la casta politica non si sia mai minimamente preoccupata del futuro di nessuno. Anche gli operai 50enni ormai sono preoccupati per il loro futuro: non sanno se riusciranno ad arrivare al pensionamento. Figuriamoci se non hanno titolo di preoccuparsi i ventenni o i trentenni che, dovendo lavorare come precari fino ai 40 anni, sono destinati ad andare in pensione sul letto di morte! Per questo, recentemente, diversi movimenti politici presentano la parola “futuro” nei loro nomi, o nei titoli dei rispettivi convegni e congressi. Questo, naturalmente, serve a rassicurare il potenziale elettorato sul fatto che a questi stessi movimenti stia molto a cuore il futuro della Nazione.

Ma i giovani, se vogliono pensare al loro futuro, non devono prendersela con la Gelmini, nè aspettare la “ripresina” che non arriverà mai, e neppure attendere l'avvento di “Futuro e Libertà” e “Italia Futura”! Molti giovani italiani, come molti ingegneri dell'Est che li hanno preceduti in questo dramma, se vorranno affrontare un mondo sempre più difficile, dovranno digerire il fatto di essere destinati a lavori più modesti, come quello del contadino o della badante. In particolare, visto e considerato che la nostra popolazione andrà incontro ad un estremo invecchiamento, in un futuro non molto lontano (a proposito di futuro...) ci sarà gran bisogno di badanti. Insomma, il lavoro non mancherà, ma non sarà esattamente quello che molti ragazzini di belle speranze immaginavano mentre trascorrevano pomeriggi interminabili a chattare attraverso Internet, o a “cazzeggiare” per le vie della città con gli amici, o a pomiciare spensierati sulle panchine.

A chi è dotato di notevoli doti e talenti particolari, e grazie soltanto ad esse (senza bisogno di raccomandazioni) vuole provare a spuntarla su questa situazione così avversa, vanno tutti i miei migliori auguri per un futuro di successi guadagnati con SACRIFICIO E DURO LAVORO, elementi che non faranno altro che renderlo più forte e consapevole delle proprie capacità. Per quanto riguarda gli altri, se vogliono intraprendere qualche studio universitario, eventualmente di scarso interesse dal punto di vista lavorativo, lo facciano pure a loro rischio e pericolo, ma senza addossare la colpa dei propri eventuali fallimenti allo Stato o al Ministro dell'Istruzione di turno .

Purtroppo l'Italia è una Repubblica fondata sull'irresponsabilità: se si presenta un problema, la colpa è sempre dell'altro... o dello Stato. Insegnamo alle nuove generazioni ad assumersi le loro responsabilità e a smettere di trovare scuse. Se veramente vogliono spodestare questo esercito di baroni dinosauri che compongono la classe dirigente di questo Paese decrepito, imparino ad essere meno individualisti e a tirare fuori tutta la loro determinazione per combattere nella vita ed affermarsi in un mondo che, da qui in poi, non regalerà più niente a nessuno! In quanto agli altri, cioè quelli votati al quieto vivere, il lavoro non mancherà, basta sapersi adeguare.......